Figura versatile che ha saputo coniugare una straordinaria padronanza delle tecniche artistiche con le esigenze espressive della poetica simbolista, Gennaro Favai nasce a Venezia nel 1879, figlio dell’editore ed antiquario Luigi e della contessa Teresa Albrizzi. Dopo l’allontanamento dall’Accademia di Belle Arti, si affida all’insegnamento di Vettore Zanetti Zilla, con il quale studia la pittura veneta di Cinque, Sei e Settecento attraverso le copie dei maestri e la sperimentazione dei materiali e delle tecniche pittoriche. Negli stessi anni frequenta anche Mario De Maria, con cui condivide il gusto per il colorismo, le atmosfere sospese, notturne e decadenti del clima simbolista. A questi apporti affianca l’esperienza cosmopolita di numerosi viaggi e un’intensa attività espositiva internazionale che manterrà fino ad età avanzata.
Nel 1904 partecipa all’Esposizione mondiale di Saint Louis, dove viene premiato con una medaglia di bronzo; dello stesso anno è il primo viaggio a Parigi, luogo di regolari e prolungati soggiorni e occasioni espositive ai “Salons della Société Nationale” e della “Societé Internationale de la Peinture à l’eau”. Nel 1907 espone per la prima volta alla Biennale di Venezia e dal 1908 partecipa alle “Esposizioni permanenti d’arti e industrie veneziane” organizzate a Palazzo Pesaro da Nino Barbantini. Nel ‘12 è presente sulla scena espositiva americana con personali al Museum of Art di Detroit, al Toledo Museum of Art e alla Hackley Art Gallery di Muskegon; il critico d’arte Charles Louis Borgmeyer gli dedica inoltre un articolo sulle pagine del «Fine Art Journal».
Il viaggio a Londra del ‘14, in occasione della mostra alla Coupil Gallery, gli permette di integrare la propria visione del paesaggio con la concezione della luce e dello spazio in Turner e di conoscere il pittore e illustratore Frank Brangwyn, con il quale inizia un lungo sodalizio. Negli stessi anni incontra a Parigi Maria Kievits, figlia dell’ambasciatore olandese in Francia, scrittrice poliglotta, che sposerà nel 1918. I soggiorni a Taormina e Siracusa (1915-17), cui segue la lunga permanenza a Capri dal ‘19, si rivelano fondamentali per l’elaborazione di una nuova idea di paesaggio. La coppia frequenta il vivace milieu intellettuale dell’isola; per l’ingegnere Edwin Cerio, sindaco di Capri tra il ‘20 e il ‘23, illustra numerose pubblicazioni rivolte alla tutela e valorizzazione del patrimonio naturale e architettonico locale. Trasferitosi a Positano, il corpus grafico dell’artista si arricchisce di schizzi e acquerelli della costa amalfitana, pubblicati con il titolo Golfo di Salerno. Costa amalfitana come fu vista da Gennaro Favai (1925) e seguiti dalla raccolta 56 disegni dell’isola di Capri (1930). Negli anni ‘20 ha la possibilità di esporre in più occasioni negli Stati Uniti grazie all’interessamento di alcuni collezionisti e galleristi. Alla fine del 1930 compie un viaggio a New York, seguito al suo ritorno da un soggiorno ad Algeri, che arricchisce in modo determinante il suo repertorio paesaggistico.
Ritornato a Venezia, si dedica alle tecniche incisorie e in particolare al lavis litografico; a partire dagli anni ‘40 si ritira progressivamente dalla scena pubblica, ma la sua casa rimane luogo di ritrovo per artisti e scrittori, musicisti e intellettuali, tra cui il poeta Ezra Pound. L’ultima produzione è caratterizzata da vedute evanescenti della città lagunare, riprese dall’alto dei campanili.
Muore a Venezia nel 1958.